Johann Chapoutot
Il tema del libro vincitore del premio Interazionale “Cherasco storia” 2019 è la riscrittura della storia. L’autore, docente alla Sorbonne-Université di Parigi, presenta la rilettura e la descrizione mitica dell’antichità greco-romana operate dal regime nazista e veicolate agli studenti delle scuole di ogni grado, ai soldati e, più in generale, a tutti i cittadini del Reich. Analizzando il principio nazista secondo cui «nulla di grande si è compiuto senza Ariani», l’autore mostra come gli intellettuali tedeschi trovarono ariani un po’ ovunque: così il filosofo cinese Confucio poteva essere immaginato, secondo lo stereotipo tedesco, come alto, biondo e con gli occhi azzurri. E persino Heinrich Himmler, comandante capo delle SS, poteva ripetere – con lo studioso nazista Richard Darré di “Blut und Boden” (“Sangue e suolo”) – che la «classe dominante cinese [era] bionda con gli occhi azzurri, dunque di ascendenza ariana-indogermanica». E se l’idea che Confucio del VI-V sec. a. C. fosse ariano vi sembra ancora troppo poco, allora scoprirete – grazie a Chapoutot – che gli Egizi erano immaginati «alti biondi dolicocefali dagli occhi azzurri». Hitler in fondo era un po’ stufo dei goffi ritrovamenti degli archeologi tedeschi. Possibile che dagli scavi si trovassero solo cocci d’argilla e asce di pietra? Evidentemente, nella vulgata hitleriana, il popolo nordico si era spostato più a sud e aveva dato origine alle grandi civiltà, soprattutto a quella greca e a quella romana. Se le ricerche storiche mostravano che i tedeschi non avevano avuto una grande storia, era meglio sognare un passato e magari assimilare il passato di quei popoli che avevano rappresentato la massima perfezione in tutti i campi e avevano prodotto modelli da imitare. E così nacque nella cultura tedesca la seduzione del mondo antico e si originò una sorta di riscatto del popolo germanico. Ma se volete obiettare che gli Egizi non pare che abbiano esattamente una pelle bianca come quella degli attuali tedeschi, allora vi sentirete rispondere dalla cultura del regime che inopportune mescolanze razziali con elementi asiatici e semiti hanno corrotto la loro pelle. In origine, dunque, secondo la narrazione di Hitler e dei suoi collaboratori, tutti erano Germani. Ex settentrione lux: la luce dello spirito, secondo il gerarca nazista, sarebbe arrivata dal Nord.
Dal libro di Chapoutot emerge dunque come il passato sia stato utilizzato per la costruzione del mito nazista. Egli mostra mirabilmente come la riscrittura del passato abbia avuto un duplice obiettivo: quello di creare una storia condivisa, ma soprattutto quello di motivare all’azione il popolo tedesco, persuaso di portare dentro di sé l’embrione creativo di una nuova civiltà. Lo studioso rivela, grazie ad una molteplicità di esempi, che vanno dalla cinematografia (Olympia del 1938 di Leni Riefenstahl e “Der Ewige Jude”, “L’ebreo errante” del 1940 di Fritz Hippler), alla filosofia (Platone, preferito al tedesco Nietzsche, per un’idea dello stato totalitario); dalla scultura (Arno Breker) alla musica (Richard Wagner e Reinhold Schünzel); dalla storia (Alfred Rosenberg) alla biologia (Paul Schultze-Naumburg), come grazie alla pseudoscienza della razza, mutuata dalla biologia della fine del XIX secolo e dagli studi razzisti del primo Novecento, il nazismo abbia inventato il proprio passato grazie al potere plasmante ed efficace della narrazione del regime.
Johann Chapoutot, 1978. Professore di Storia contemporanea all’Université Paris-Sorbonne e membro onorario dell’Institut Universitaire de France. Specializzato in Storia della Germania contemporanea ha dedicato importanti studi alla storia della cultura e dell’ideologia nazista e ha pubblicato opere generali sulla storia della Germania e sulle dittature europee tra le due guerre mondiali. Membro del comitato di redazione di «Revue historique» e «Vingtième Siècle. Revue d’histoire», è vincitore di prestigiosi premi storici internazionali. Le principali opere tradotte in italiano sono: Controllare e distruggere. Fascismo, nazismo e regimi autoritari in Europa (1918-1945), Einaudi 2015; La legge del sangue. Pensare e agire da nazisti, Einaudi 2016; L’affaire Potempa. Come Hitler assassinò Weimar, Laterza 2017; Il nazismo e l’antichità, Einaudi 2017. Sull’analisi delle basi culturali e sulla costruzione dell’ideologia nazista è recentemente uscito il libro La rivoluzione culturale nazista, Laterza, 2019.
Liliana Cavani
Premio Interazionale
«Cherasco Storia per la divulgazione storica mediante la cinematografia»
Liliana Cavani, 1933. Regista e sceneggiatrice. Laureata in Lettere antiche e Filologia a Bologna e diplomata al Centro Sperimentale di Cinematografia, lavora fin da giovane alla produzione di cortometraggi, documentari storici e inchieste per la Rai. Nota al grande pubblico per la realizzazione dei film Francesco d’Assisi (primo film prodotto dalla RAI nel 1966), Galileo (1968) e I cannibali (1969), la regista mostra un’attenzione particolare alla complessità dei temi trattati, al contesto storico e sociale dei protagonisti. Le sue opere sono raffinate investigazioni delle contraddizioni, delle passioni e dell’autenticità degli uomini. Tra le sue opere più importanti: L’Ospite (1971), Il portiere di notte (1973), La pelle (1981), Oltre la porta (1982), Interno berlinese (1985). È regista di film per la TV tratti da opere musicali quali La traviata, Cavalleria rusticana, Manon Lescaut e delle recenti fiction televisive De Gasperi e Einstein.
Charles S. Maier
Premio Interazionale
«Cherasco Storia “Gianni Perona” alla carriera»
Charles Maier, 1939. Già professore di Storia europea ed internazionale è direttore del Centro per gli studi europei della Harvard University. A partire dagli anni ’60 mostra un grande interesse per la storia italiana e si trasferisce a Roma per i suoi studi. La sua produzione scientifica è vastissima. Tra i suoi testi tradotti in italiano: La rifondazione dell’Europa borghese (De Donato 1979, Il Mulino 1999), Il crollo. La cisi del comunismo e la fine della Germania Est (Il Mulino 1999), Alla ricerca della stabilità (Il Mulino 2003). Nel saggio Secolo corto o epoca lunga, contenuto nel volume Novecento. I tempi della storia di Claudio Pavone (Donzelli 1997), discute le tesi di Eric Hobsbawm sulla periodizzazione storica. Per l’opera Leviatano 2.0 (Einaudi 2018) sulla reinvenzione dello Stato moderno riceve il premio alla carriera intitolato alla memoria del prof. Gianni Perona, presidente emerito del premio «Cherasco storia».