Autori e libri vincitori
La rabbia dei vinti
Un’indagine storica sulle guerre e i conflitti dopo la fine della Grande Guerra nel periodo 1918-1923
Nel saggio di Gerwarth viene descritta con grande efficacia l’Europa post Grande Guerra, in particolare quelle terre e seguirono l’armistizio del 1918, tra cui Russia, Germania, Finlandia, Ungheria. L’autore narra in maniera obiettiva e senza falsa morale, gli anni successivi alla Prima guerra mondiale che, per una considerevole parte del Vecchio Continente (e non solo) hanno contato molto di più — anche in termini di sofferenze — di quelli tra il 1914 e il 1918. L’11 novembre del 1918 segna infatti un momento decisivo della Storia d’Europa: la fine di una guerra che aveva distrutto un’intera generazione e l’estinzione di grandi imperi secolari. Ma quale è stata l’eredita della Grande Guerra? Per molti aspetti il futuro dell’Europa non è stato condizionato tanto dai combattimenti sul fronte occidentale quanto dalla devastante scia di eventi che seguirono la fine del conflitto mondiale quando paesi di entrambi gli schieramenti vennero travolti da rivoluzioni, pogrom, deportazioni di massa e nuovi cruenti scontri militari. È questo il filo conduttore che caratterizza la narrazione di Gerwarth.
“Le vittime dei conflitti armati dell’Europa in quei cinque anni furono più delle perdite subite complessivamente dalla Gran Bretagna, dalla Francia e dagli Stati Uniti nel corso della Grande guerra» scrive l’autore, secondo cui non si può dar torto a quegli storici dell’Europa orientale – come Peter Holquist – che hanno definito la stagione successiva al 1918 come un’epoca di «prolungata guerra civile europea». Secondo Gerwarth questo fu dovuto a “quell’atteggiamento intriso di pregiudizi antiorientali (e d’impronta implicitamente coloniale) nei confronti dell’Europa dell’Est che, dopo il 1918, prevalse per decenni nei libri di testo occidentali.” I conflitti di questo periodo storico furono diversi da quelli della Grande Guerra perché interconnessi, la cui logica e scopo erano molto più pericolosi: “conflitti per la vita o la morte, combattuti per annientare il nemico, etnico o di classe, secondo una logica genocida che in seguito sarebbe diventata dominante in gran parte dell’Europa fra il 1939 e il 1945».
Dai paesi scandinavi alla Spagna, dalla Turchia all’Irlanda, l’avere scardinato l’autorità dei troni innescò l’arroganza e la barbarie di chi si sentiva in grado di mettere le mani sul potere, a qualsiasi prezzo. Una storia che non si è affatto risolta nel 1945, ma che rende insopportabili ancora i giorni nostri, se solo si è capaci d’estraniarsi quel tanto che basta dalla pilotata cronaca mediatica. Gerwarth ne è capace senz’altro. E il “Premio Cherasco Storia” 2018 glielo riconosce a pieno titolo.